Di solito si dice che sotto Pasqua piove sempre. O meglio, più che a Pasqua, a Pasquetta. Ecco, siamo più precisi.
C’è questa leggenda lunga cento e cento anni che dice proprio così: “Non appena ti siederai sul bel praticello con tutta la vita di umana gente attorno a te, lì si scatenerà l’inferno di pioggia e lampi, e nulla più sarà più come prima”.
Questo accade, ma non credo quest’anno.
A Roma sembra che tutti gli angeli del paradiso invece che organizzare dispetti acquatici di vario genere per il nostro riposo, si siano presi coraggio e stiano soffiando via il male di questi giorni.
Il cielo è azzurrissimo, sapete? Così azzurro che lo si potrebbe guardare ed esprimere un desiderio o creare una promessa, o cantare una canzone dentro col cuore grande, e invece questo cielo oggi non lo sta guardando nessuno.
Tutti giù con lo sguardo sulle scarpe a continuare la vita che poi che vita è, oppure tutti giù a guardare il tostapane che dovrebbe essere un telefono che invece ci propina solo meschini politici populisti utilizzati per fare decoupage social-mediatici.
Eppure il cielo oggi è veramente bello.

INVERTIRE I RUOLI
Forse però no; forse qualcuno il naso all’insù l’ha messo oggi, anzi sì, proprio lei, mia figlia. Che ignara di tutto (già spiegato perché, per ora, non le sto spiegando la “guerra”), stamattina mi ha infilato un muso da quattordicenne incazzata, solo perché era nuvolo: “Niente sole-niente ricreazione fuori, che palle”.
La bassezza informale di questa frase mi ha frantumato il cuore. In positivo.
I bambini sono basici, a loro non importa altro che del sole, degli amici e di correre. Se vengono feriti piangono, se sono arrabbiati menano, se sono felici saltellano. Giocano, sognano, cantano e fondamentalmente sono leali con loro stessi.
Sono dei grandissimi egocentrici, ma fondamentalmente perché amano alla follia la vita e ciò che essa le sta insegnando.
Ecco appunto.
Cosa di preciso insegna loro questa vita, o ancora più precisamente cosa di preciso io- adulto capo – percepisco da lei affinché sia un bravo genitore?
Se si invertissero i ruoli, cioè se fosse mia figlia a dettare regole comportamentali e di educazione, siamo sicuri che sbaglierebbe strategie? Siamo sicuri che io sarei una persona peggiore nel senso più ampio (ma poi anche no) del termine. Io non lo so.
I CAPRICCI E LA VOGLIA DI CAMBIARE
Le capacità relazionali dei bambini sono sempre state oggetto di grande osservazione per me.
Da quando portavo Margherita al parco a pochi mesi dalla sua nascita, ero sempre attratta dai primi approcci sociali che tentavano i bambini fra di loro; di solito erano buffi e mettevano il buon umore, altre volte ti ritrovavi col dover chiedere scusa a qualche mamma causa graffi, ma sempre imperversava un’unica cosa, la trasparenza.
Ecco cosa fanno i bambini: sono onesti sempre.
Anche quando dicono le bugie, si vede che è lì, che sta per essere detta e non perché noi siamo grandi, o perché siamo i loro genitori, si vede perché i bambini non sanno mentire in maniera meschina; i loro fini sono rivolti alla sopravvivenza, che per noi può essere esplicata in una cazzata (dice bugie perché vuole i biscotti), ma in realtà per loro sono vita e centro di quel momento. Non hanno vergogna di essere se stessi sempre, anche quando mentono, anche quando in mezzo al supermercato si sbattono a terra e urlano per i capricci. Non siamo noi a sbagliare e neanche loro, lì si sta verificando unicamente una rivoluzione, che noi – metti per stanchezza e vergogna – non vedremo mai. Solo ora, infatti, me ne rendo conto, solo ora che Margherita è grande e autonoma.
La bellezza, se si potesse fare, di dare in mano il potere del mondo ai bambini, sarebbe quella di vederli urlare prima e perdonare dopo.
Sarebbe il trionfo del rispetto e della democrazia.
Riflettiamo: chi insegna a questi nani il senso di proprietà, anche e soprattutto quando li costringiamo a condividere con gli amichetti perché fra genitori fa fico; se li lasciassimo in pace sicuro si prenderebbero a sberle e poi troverebbero un accordo e in quel preciso momento TUTTO finirebbe.
Non esisterebbe rancore.
Non si creerebbe uno “storico mentale”.

QUI E ORA L’AMORE SOTTO I DODICI MESI DI VITA
Quando studiavo teatro, c’era una cosa che mi affascinava da morire, il concetto del momento unico. Dello scambio attualizzante che c’era nella recitazione. Lì tornavi bambino, non tanto perché “giocavi” a un ruolo, ma soprattutto perché prendevi tutto quello che eri stato nei primi mesi di età e lo vomitavi sul palco; quello che dicevo prima: egoismo, purezza, amore incondizionato, trasparenza. Se un adulto vivesse in questa maniera, tutto il manierismo di cui ogni giorno dobbiamo farci carico, cesserebbe di esistere. E non vi dico che non esisterebbe alcuna guerra, ma almeno dei passi avanti, cancellando rancore-odio-e sotterfugi, forse, verrebbero fatti.
Se mia figlia fosse mia madre, se i nostri figli fossero i nostri genitori, ma alla loro età e noi alla nostra, il mondo sarebbe diverso, diventerebbe un posto regnato da persone chiare, non per forza oneste, ma CHIARE. Avremmo case disordinate e i gelati sarebbero alla base delle nostre diete. Tutti starebbero in forma perché principalmente ci toccherebbe giocare. Ci sarebbe il momento in cui si è stanchi e lì capiremmo la generosità di altre persone che magari danno una mano alla nostra vita e il momento in cui siamo poi noi a vedere qualcuno in difficoltà e lì capiremmo l’altruismo. Ci sarebbe anche il momento in cui ci si potrebbe nascondere con il tesoro nelle tasche, ma non ci piacerebbe molto perché stiamo scoprendo l’avidità e l’egoismo e non sono poi così cool come pensavamo.
Se mia figlia fosse mia madre mi proteggerebbe dai draghi che ho nell’armadio come la paura di non avere la pensione fra 30 anni, o l’ansia per le mie prestazioni sentimentali con il mio fidanzato. E poi mi darebbe il coraggio di tirare fuori i sogni dal cassetto. Come la voglia di aprire un negozio o di scrivere un libro.
Se mia figlia fosse mia madre e io la madre di mia madre e così via per il mondo interno, forse la guerra esisterebbe ancora.
O, forse, proprio NO!